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Panetta: “Rafforziamo il Garante Privacy, per le sfide della data economy”

Non si può dire che i temi della data economy, della protezione e dell’uso etico dei dati siano prioritari nei programmi dei partiti, nonostante la centralità del digitale nel PNRR. In particolare, mancano riferimenti alla necessità di rafforzare ruolo e organico dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali.

di Rocco Panetta

Ci risiamo, presto l’Italia avrà un nuovo Governo e, prima ancora, anche un nuovo Parlamento. Tra le tante sfide di questo cruciale momento di svolta, rilevano sicuramente quelle legate alla trasformazione digitale e allo sviluppo etico della data economy.

Ricordiamo infatti, come primo dato di questa mia riflessione sui contenuti dei programmi elettorali, che nonostante i costanti miglioramenti del nostro Paese, registrati dall’indice DESI (Digital Economy Society Index) pubblicato quest’estate sullo stato della digitalizzazione in Europa, l’Italia si piazza ancora nella fascia bassa, in diciottesima posizione.

Il tema del digitale nei programmi dei partiti

Ciò detto, diamo dunque un’occhiata ai programmi che i partiti che ambiscono a creare gruppi strutturati in Parlamento hanno pubblicato in questi giorni per analizzare come pensano di affrontare il tema del digitale, con particolare riferimento al mondo della data economy, della protezione dei dati e dell’uso etico degli stessi.

In generale, non si può dire che il tema sia stato considerato come prioritario. Certo, si tratta di programmi a tutto tondo e le elezioni sono arrivate un po’ come un fulmine a ciel sereno, mentre tutti erano pronti alle vacanze. Tuttavia, salvo poche eccezioni, colpisce come pur avendo l’Europa vincolato un quarto delle risorse del PNRR italiano alla trasformazione digitale in alcuni programmi il tema sia toccato solo marginalmente, altri, invero, hanno fatto meglio.

C’è chi si limita a parlare genericamente di digitalizzazione della PA, di digital tax e di introdurre il coding nelle scuole, altri rispolverano la Carta dei diritti digitali, iniziativa cara al compianto professore Stefano Rodotà che nel 2015, quando era membro della Commissione parlamentare di studio per i diritti e i doveri relativi a internet, portò alla luce la Dichiarazione dei diritti di internet.

In un programma, poi, si parla di Banca dati digitale nazionale, con una attenzione, che fa piacere riscontrare, alla possibilità per i cittadini di verificare come siano utilizzati i propri dati personali e si fa riferimento, inoltre, ad un piano industriale basato su tecnologie strategiche per il futuro come manifattura digitale, fintech, AI e robotica, metaverso, semiconduttori ma, ancora una volta, senza andare nel dettaglio.

Scorrendo le pagine di un altro programma, si propone il potenziamento dei Digital Innovation Hub e il sostegno delle PMI e della Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale che deve essere anche partner delle aziende, non solo controllarle”. Interessante, se pur solo accennato, è il riferimento al Digital Markets Act e al Digital Services Act europei da poco approvati.

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