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Cybersicurezza e privacy, così la Pubblica Amministrazione italiana può vincere la partita del secolo

Quali dunque le azioni da mettere in campo per far sì che la PA sorregga e tragga beneficio dalle inedite sfide della data economy? Tre le mosse da compiere: cambiare mentalità, investire sul capitale umano e pianificare. Come metterle a terra col PNRR

di Rocco Panetta

Qualche settimana fa, in un articolo per questa testata, provavo a tracciare le priorità di intervento per il prossimo semestre affinché il nostro Paese stia al passo con l’avvento della data economy.

Da quel micro-manifesto programmatico è nata l’idea, assieme al Direttore Alessandro Longo, che ringrazio, di analizzare punto per punto alcuni tra i principali temi ivi toccati.

Con questo articolo si apre così una serie di approfondimenti verticali, pubblicati con cadenza regolare e raccolti sotto il nome di “Italia: focus data economy”.

Protagonista di questa prima puntata è la pubblica amministrazione.

Sono evidenti le ragioni che suggeriscono di soffermarsi con una certa urgenza a riflettere sullo stato di digitalizzazione e di compliance alla normativa sull’uso appropriato dei dati (“privacy”) dell’apparato statale, vale a dire sul livello di metabolizzazione della fenomenologia del trattamento e della valorizzazione dei dati. E anche ai meno esperti in materia non saranno di certo sfuggiti gli eventi balzati alle cronache negli ultimi mesi e che hanno palesato la presenza di non poche criticità nel comparto pubblico.

Quali dunque le azioni da mettere in campo per far sì che la PA sorregga e tragga beneficio dalle inedite sfide della data economy? Personalmente credo siano tre le mosse da compiere: cambiare mentalità, investire sul capitale umano e pianificare. Ma, come in una partita a scacchi, per vincere occorre che se ogni mossa sia efficace e segua immediatamente quella precedente.

Uso razionale dei dati pubblici: serve un cambio di mentalità

Il piano per un rinnovamento della Pubblica Amministrazione richiede innanzitutto e a monte di sposare un nuovo modo di intendere e rapportarsi ai fenomeni della data economy. Si rende insomma necessario, come ho già sottolineato in precedenza, un netto salto di qualità. Ciò significa, innanzitutto, accettare proattivamente l’idea che oggi nessuna politica istituzionale o di governance pubblica possa prescindere da un’attenta, approfondita e corretta valutazione dei profili legati al trattamento dei dati personali. Si tratta di una presa di consapevolezza improcrastinabile, rispetto alla quale il nostro apparato pubblico registra ancora un passo incerto.

Le cause di questa peculiare arretratezza sono numerose e storicamente radicate, afferendo sia a ragioni latamente politiche e sociali, che di mero fatto. Fra le prime, non può di certo trascurarsi come le continue campagne di banalizzazione della privacy rappresentino una pesante zavorra per l’auspicato sprint. La mortificazione della parola in sé, che significa inevitabilmente sminuimento del diritto fondamentale che essa esprime, così come dell’opera dell’autorità che ne interpreta lo spirito (l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali) sono i primi bastioni da abbattere per poter conquistare una comprensione della materia libera da odiosi preconcetti e da insensate e controproducenti prese di posizione.

Le opportunità di business legate ai dati

Solo così potranno essere affrontate anche le problematiche di natura fenomenica, prima tra tutte la mancanza, nel pubblico, di quella fondamentale leva che ha assistito lo sviluppo ormai avanzato di una politica moderna sull’uso dei dati nel privato. Le innumerevoli opportunità di business derivanti da una valorizzazione conforme al dettato normativo del proprio patrimonio informativo si sono infatti rilevate un importantissimo alleato per l’assimilazione dei principi e dei valori della protezione dei dati in aziende e gruppi di imprese. All’interno della Pubblica Amministrazione, invece, manca una vera presa di coscienza circa la possibilità di adempiere in modo più efficiente ai propri doveri di solidarietà – inderogabilmente previsti dalla Costituzione repubblicana – mediante politiche razionali sull’utilizzo dei dati. È tuttavia chiaro che le spinte motivazionali che possono alimentare una finalità di profitto hanno una particolare intensità. Ne consegue pertanto che le amministrazioni pubbliche hanno un forte bisogno di reperire delle ulteriori coordinate che diano un senso e alimentino l’adeguamento alla normativa sulla privacy.

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