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Le 3 cose che non tornano nella via italiana alla riforma del copyright

L’Antitrust critica i testi che stanno girando in Parlamento per la ricezione della direttiva europea sul copyright

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di Vincenzo Tiani

Siamo alle ultime battute della riforma europea del copyright che, sebbene dovesse essere accolta nell’ordinamento italiano a giugno, è ancora in discussione alla Camera. Vero è che l’Italia non è sola in questo ritardo, complice anche la pandemia, ma ciò non toglie che in caso di ulteriori proroghe la Commissione europea potrebbe attivarsi per una procedura d’infrazione

Uno dei due articoli della direttiva sul copyright su cui da anni si dibatte è l’articolo 15 che prevede la possibilità per gli editori di ottenere dalle piattaforme come Google e Facebook un compenso per la pubblicazione dei loro contenuti online. Non tanto degli articoli interi, già vietato, ma anche solo dei loro estratti o “snippet”, le anteprime con foto e testo che si possono vedere quando il link a un articolo è pubblicato su social, aggregatori di news o motori di ricerca.

Il principale motivo a sostegno di questo cambiamento però non è tanto un problema di diritto d’autore quanto di concorrenza. È risaputo che da anni la raccolta pubblicitaria si è spostata verso queste due aziende diminuendo gli investimenti nel mercato editoriale. Secondo gli editori, gli utenti leggerebbero meno le notizie perché di limiterebbero a leggere i titoli e gli estratti su social e aggregatori. Tesi che ovviamente non tiene in conto che il lettore potrebbe semplicemente non essere interessato alla notizia. In mancanza dunque di un cambio del business plan negli ultimi vent’anni, si è provato a risolvere il problema con una legge.

A esprimere le sue riserve sui testi che stanno girando in Parlamento per l’adozione della direttiva è stata di recente l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), per la qualenon solo il testo italiano andrebbe oltre quanto previsto dalla direttiva ma addirittura porterebbe a “restringere ingiustificatamente la concorrenza”.

Le tre critiche dell’Antitrust al testo italiano sul copyright

Sono tre i punti incriminati individuati dall’Autorità. Primo: il testo italiano porrebbe “ingiustificati vincoli all’autonomia negoziale delle parti, e in definitiva, al funzionamento dei mercati, soprattutto in assenza di evidenze circa possibili fallimenti del mercato”. Per l’Autorità sarebbe più opportuno fare affidamento sulle associazioni di settore e sui rappresentanti dei legittimi titolari dei diritti già esistenti per negoziare ad armi pari con le big tech.

Il secondo punto evidenzia come i criteri individuati per valutare l’apporto economico che la testata potrebbe richiedere alle piattaforme tengono conto di valori come la rilevanza sul mercato degli editori, il numero di giornalisti impiegati, la durata dell’attività, ma sono “lungi dal contribuire a quantificare l’apporto al risultato economico del contenuto citato”. Al contrario “sono idonei invece a determinare improprie discriminazioni a sfavore degli editori nuovi entranti e di dimensioni minori, favorendo ingiustificatamente gli editori incumbent”.

Questa è da sempre la posizione dell’Associazione nazionale stampa online (Anso), come confermato dal vicepresidente Matteo Rainisio secondo cui questa versione del testo “rischia di mettere profondamente in crisi i piccoli editori”. Con questi criteri dunque testate editoriali di più lunga data e con redazioni più corpose, potrebbero pretendere un compenso maggiore senza una valutazione reale della qualità del giornalismo che questa direttiva si diceva avrebbe dovuto tutelare. All’opposto redazioni più piccole ma con prodotti migliori potrebbero essere penalizzate nella contrattazione dei compensi.

Il terzo punto riguarda la definizione di “estratti molto brevi”, cui la direttiva riconosce un’eccezione e per cui non sarebbe necessario un pagamento. Per l’Antitrust la norma italiana non prevederebbe una definizione adeguata per identificare questa eccezione cruciale. Sul punto anche il Senato si è espresso sottolineando l’importanza di avere criteri oggettivi di identificazione degli estratti brevi.

In Francia, proprio su questo punto, da due anni è in corso un’aspra lotta tra Google e gli editori che è culminata in una multa dell’Antitrust francese. Google infatti aveva scelto di pubblicare i link senza anteprime, sfruttando l’eccezione del breve estratto, ma gli editori francesi hanno visto questa mossa come frutto di un abuso di posizione dominante. In Italia la partita sul copyright pare non essere ancora finita. 

Originariamente pubblicato su Wired Italia
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